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B_NORM    
view post Posted on 8/5/2015, 13:15 by: MorrisReply
Questa frase è ripresa dalla firma di un utente, nella citazione di un post che ho scritto. A rileggere quelle parole (aldilà del loro contesto, nel quale avevano un significato preciso), mi si è riempita la testa di pensieri e di dubbi. È come se, rileggendo quanto scritto, questa frase mi si fosse parata innanzi evidenziata rispetto al resto. Non per il contesto, ripeto, ma per il senso assoluto di quelle parole. Sarà vero che il valore di quanto uno scrive sta nel giudizio di chi legge? Non ne sono poi così sicuro.
Questo può essere vero per coloro che scrivono per professione, gli scrittori, i giornalisti e tutti quelli che hanno, per forza di cose, bisogno di rapportarsi con un pubblico ipotetico di lettori, dal momento che il fatto che ci sia chi legga i loro scritti ed esprima un giudizio (che sia positivo o negativo) è la colonna portante del loro lavoro. Difficile essere uno scrittore di professione o un giornalista, se nessuno legge quello che scrivi e compra (nell'accezione più positiva del termine) il frutto del tuo lavoro. In questi casi può essere che sia chi legge a dare un valore, con il proprio giudizio, a quello che è scritto.
Ma questo non vuol dire che chi non ha pubblico (perché non riesce ad ottenerlo o magari perché nemmeno lo cerca) scriva cose prive di valore. Forse sarebbe più corretto dire che il valore di quanto uno scrive sta negli occhi di chi legge. Perché se è vero che chi scrive è il primo pubblico di se stesso, il suo giudizio è sempre fuorviante, risultato di una sopravvalutazione o di una sottovalutazione del proprio lavoro e delle proprie capacità. Ai suoi occhi però, qualunque sia il giudizio a riguardo, quello che ha scritto ha un valore. Una cosa che succede, in parte, anche a chi legge, il cui giudizio è fortemente influenzato dalla conoscenza dell'autore di uno scritto. La stessa cosa, scritta da un autore che si apprezza, non induce allo stesso giudizio che si formerebbe se a scrivere fosse stato uno che si detesta.
Ma ciò che uno scrive ha anche un valore assoluto, che è forse quello più importante: perché semplicemente è uno scrivere per scrivere, il soddisfacimento di un bisogno essenziale, quello di esprimere qualcosa che viene da dentro. O qualcosa che in realtà non viene da noi stessi, ma, come sosteneva il poeta francese Arthur Rimbaud, un rubare il fuoco, quasi come se il poeta (ma anche lo scrittore in genere) sia un semplice tramite tra questo ed un altro universo, una sorta di veggente. Un po' come Giuseppe Ungaretti ed il porto sepolto: Vi arriva il poeta / e poi torna alla luce con i suoi canti / e li disperde. / Di questa poesia / mi resta / quel nulla / d’inesauribile segreto.

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Camera con vista
Comments: 0 | Views: 77Last Post by: Morris (8/5/2015, 13:15)
 

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