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| Di sicuro né Alan Turing né Ray Bradbury si sarebbero mai aspettati che il principio dell'effetto farfalla si sarebbe verificato in seguito al goal di Johansson al 61° minuto di Svezia-Italia. Era il 10 novembre scorso, poco più di una decina di giorni sono passati da allora, ma di cose ne sono accadute tante. C'è stato innanzitutto l'incontro di ritorno giocato il 13 a Milano, il cui risultato di 0-0 ha sancito ufficialmente l'esclusione della nazionale italiana dal campionato mondiale in Russia del prossimo anno. E da lì, di conseguenza, seguendo l'effetto farfalla (o effetto domino, se preferite) sono partiti una serie di eventi. Primo fra tutti, l'autoesclusione dei cosidetti senatori del gruppo (Buffon, De Rossi, Barzagli e Chiellini), che hanno annunciato il loro addio alla maglia azzurra, quindi l'assalto al Palazzo in cerca di teste da tagliare. La prima, come è ovvio che fosse, quella del tecnico Gian Piero Ventura, primo colpevole del fallimento, seguita a ruota da quella del presidente federale Carlo Tavecchio. Ventura ha fatto sostanzialmente spallucce, rifiutando di dimettersi (cosa che avrebbe comportato la rinuncia a sette mesi di emolumenti, circa 700.000-800.000 €), preferendo aspettare di essere di cacciato da Tavecchio. Quest'ultimo, dal canto suo, ha pensato inizialmente di scaricare tutta la colpa sul commissario tecnico, cercando di salvare la propria posizione. Una volta resosi conto della mancanza di appigli possibili, Tavecchio ha preferito dimettersi piuttosto che vedersi sfiduciato nel consiglio federale. Cosa viene adesso? I nemici di Tavecchio, quelli sconfitti nel corso di due elezioni, sono tornati alla carica, iniziando il consueto ballo sulla tomba del presidente dimissionario. Gli avvoltoi hanno cominciato a girare vorticosamente sulla poltrona di presidente, cercando l'attimo giusto per potercisi accomodare. E in mezzo al gaudio magno generale sono fioccate le prime proposte da parte di chi l'aveva detto da subito che bisognava resettare il movimento. Ed è uscito fuori il nome del senatore Franco Carraro. Oltre alla carica di sindaco di Roma (1989-1993) e di ministro del turismo dei governi Goria, De Mita e Andreotti VI tra il 1987 e il 1990, Carraro è stato presidente della federazione in tre differenti periodi: 1976-1978, 1986-1987 (commissario straordinario) e 2001-2006; per tre volte è stato anche a capo della Lega di A e B: 1973-1976, 1977-1978 (commissario straordinario) e 1997-2001. È stato inoltre presidente del Milan dal 1967 al 1971 ed ha ricoperto numerose altre cariche nella FIGC e nella UEFA. Non esattamente una figura di homo novus né tanto meno un resettatore, considerando che ha chiuso con il calcio in seguito alle sue dimissioni da presidente federale quando nel 2006 scoppiò il caso Calciopoli. In sostanza forse l'uomo meno indicato per far ripartire il movimento.Read the whole post...
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