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8/11 12:05: Morris in Nove anni insieme
8/10 13:58: Morris in Alla ricerca della balena bianca



B_NORM    
view post Posted on 22/4/2020, 14:46 by: MorrisReply
Il cacciatore
Il cacciatore è il primo film a portare al cinema la guerra del Vietnam, pochi anni dopo una sconfitta cocente per gli Usa non solo sul piano militare, ma anche sul piano psicologico, visto il forte impatto che aveva avuto ed avrebbe avuto anche in seguito sull'opinione pubblica e sui veterani. A differenza di altri film sullo stesso argomento, non è un film di guerra tout-court come Apocalipse now di Coppola (che tuttavia si ispira a Cuore di tenebra di Conrad, la guerra del Vietnam è sostanzialmente uno scenario), né un film di protesta come Nato il 4 luglio di Oliver Stone, si narrano le vicende di tre amici in quel particolare momento storico. Mike, Nick e Steven sono tre amici che vivono in una piccola cittadina della Pennsylvania e sono in procinto di partire per la guerra. Tuttavia al centro dell'attenzione ci sono da un lato Steven, che sposa Angela nonostante sia incinta di un altro uomo, e dall'altro il triangolo composto da Nick, la fidanzata Linda e Mike, a cui Linda non è indifferente. Le loro esistenze tranquille, scandite dal lavoro in acciaieria e dalle battute di caccia con gli altri amici, sono sconvolte dall'improvviso irrompere della guerra nelle loro vite.
Il contrasto stridente tra la vita tranquilla di una cittadina statunitense e la cruda realtà della guerra del Vietnam è amplificato dallo stacco deciso delle scene: È la sera del matrimonio di Steven e il tramonto sancisce la fine della giornata, stacco e ci si trova nella campagna vietnamita. Ma non viene mostrata alcuna azione di guerra, la narrazione ricomincia dal momento in cui i tre amici vengono catturati e portati in una capanna sul fiume, dove vengono costretti a giocare alla roulette russa, nella quale devono spararsi alla tempia con una pistola che ha un solo proiettile nel tamburo. Nella scena centrale del film, nella quale Nick e Mike sono costretti a giocare l'uno contro l'altro, viene rievocata la teoria di caccia di Mike, quella del colpo solo con il quale abbattere un cervo, per giocare ad armi pari contro l'animale. Se si sbaglia il tiro, il cervo potrà fuggire. Dopo la fuga, le vite dei tre amici si separano: Nick rimane sull'elicottero che li salva, ma non torna a casa; Mike si tuffa nel fiume per salvare Steven e poi riesce ad essere rimpatriato; Steven rimane invalido e finisce in una clinica per veterani.
Il loro Vietnam esteriore, fatto di poche scene, è ormai finito. Ma comincia quello lacerante, che li divora dentro. Le vite dei tre amici sono cambiate per sempre, oltre ad essere irrimediabilmente divise. Mike riesce a tornare, ma anche se riprende la vecchia vita qualcosa lo ha intaccato dentro, minando le sue certezze. Steven è quello che porta i segni più visibili, essendo colpito nel fisico oltre che nella psiche, ma il più devastato è Nick, quello che sembrava essersi salvato per primo.

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Effetto notte,
Film
Comments: 0 | Views: 71Last Post by: Morris (22/4/2020, 14:46)
 

B_NORM    
view post Posted on 15/11/2018, 14:09 by: MorrisReply
la-terra-dei-morti-viventi
Sembrava che con una classica trilogia degli zombi George Romero avesse chiuso il cerchio sull'argomento. E invece il regista decise di riprenderlo per mostrarne altri aspetti con una nuova trilogia, di sapore più moderno. I primi tre film hanno coperto un arco durato diciassette anni, mentre la seconda trilogia, iniziata con La terra dei morti viventi, viene sviluppata in appena quattro anni. Se il primo film aveva un'aura più fantascientifica, con un orrore molto psicologico e poco mostrato, negli altri due film sono presenti scene molto esplicite, che fanno l'occhiolino al genere gore e allo splatter.
Il quarto capitolo prosegue su questa falsariga, ma c'è uno sviluppo ulteriore: l'orizzonte è molto più ampio, le vicende non interessano soltanto il gruppetto di protagonisti, ma in un certo senso l'intero pianeta. Perché oltre ai protagonisti sono presenti altri personaggi secondari, che hanno una loro parte nella vicenda, invece di comparire soltanto come cibo per i non morti. Inoltre il film è molto più politico rispetto ai precedenti e, per molti versi, anche dei due successivi. La vicenda in fondo non si sviluppa come una mera sopravvivenza contro il nemico oscuro, ma anche come un tentativo di ripristinare la normale vita reale, con tutti gli annessi e connessi che questo comporta.
E c'è quindi la lotta di classe tra chi ha il capitale ed offre la salvezza ed una vita normale agli altri in cambio del loro lavoro, che può essere più o meno sporco. C'è la lotta di chi cerca in tutta i modi di cambiare la propria posizione sociale, scontrandosi con chi vuole mantenere le distanze tra i ceti esistenti. Ed infine ci sono gli zombi. Che anch'essi hanno subito una sorta di evoluzione rispetto al passato, non essendo più, almeno non completamente, degli stupidi mostri in cerca di cibo. Qualcosa del genere si era già visto con Bub, l'esemplare preferito del dottor Logan ne Il giorno degli zombi, ma lo zombi Big Daddy ha una consapevolezza che ha sviluppato da sé, senza l'aiuto di nessuno, come se ricordasse la sua passata esistenza umana.

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Effetto notte,
Film
Comments: 2 | Views: 71Last Post by: Morris (15/11/2018, 16:59)
 

B_NORM    
view post Posted on 30/5/2017, 14:15 by: MorrisReply
film-tv
Cinema e televisione sono nati con diverse destinazioni d'uso, oltre che in epoche diverse. Inizialmente il palinsesto televisivo era composto soltanto di programmi d'evasione, giochi a quiz e sceneggiati a puntate ispirati ai capolavori della letteratura. Poi, con l'allargarsi della programmazione, hanno cominciato a trovare spazio anche i film, con il classico appuntamento settimanale del lunedì.
L'avvento delle tv commerciali, in particolar modo la nascita di Mediaset, per anni unico vero antagonista della televisione pubblica, ha comportato un allargamento dell'offerta, causa di una vera e propria guerra a colpi di prime visioni, che portò addirittura ad un referendum che abrogasse la possibilità di interruzioni pubblicitarie all'interno dei programmi televisivi, votato l'11 giugno 1995 (con la clamorosa vittoria del NO con il 55%, ottenuta grazie ad una massiccia campagna portata avanti da Mediaset). La nascita delle televisioni a pagamento ha comportato invece una diminuzione del numero di film trasmessi, dal momento che i costi subirono un'impennata tale che non consentiva ai classici network di entrare in concorrenza. Ci fu così una sorta di marcia indietro, con il ritorno dei network tradizionali allo sceneggiato, che in parte richiamava quello del passato ed in parte si presentava come una contaminazione, traendo ispirazione da temi tipici delle soap opera. Come conseguenza è nata una nuova classe di attori (perlopiù derivanti dal mondo dello spettacolo), dediti esclusivamente alle fiction televisive e del tutto estranei al mondo del cinema.
Questo ha portato ad una certa scadenza del prodotto, fino a quando, almeno da parte della Rai, c'è stata una nuova inversione di tendenza: hanno visto la luce nuove serie televisive con un numero di puntate limitato (in genere da due a quattro) che risultano più dei film in parti che delle vere e proprie serie. La causa di questo nuovo processo potrebbe essere anche la sempre più massiccia importazione di serie tv straniere, in particolare americane. Da qui la necessità di diversificare il prodotto, dal momento che anche le serie televisive straniere sono diventate un prodotto ricercato come i film in prima visione. Un primo esempio di prodotto del genere è La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana del 2003, nato come fiction a puntate per la televisione e poi proiettato anche nei cinema.

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Effetto notte
Comments: 0 | Views: 87Last Post by: Morris (30/5/2017, 14:15)
 

B_NORM    
view post Posted on 19/1/2017, 15:08 by: MorrisReply
la-corazzata-potemkin
Prima di parlare di questo film nello specifico, è d'uopo fare un paio di considerazioni, tanto per sfatare qualche piccolo mito sulla pellicola. In verità più che di mito si tratta di chiarire alcune inesattezze dovute ad una rilettura in chiave comica del film. Per molti il film è noto solo per la parodia che ne fa Paolo Villaggio ne il secondo tragico Fantozzi. In realtà il famoso film che Fantozzi ed i suoi colleghi sono costretti a vedere è La corazzata Kotiomkin del regista Serghei M. Einstein, della durata di circa 4 ore e mezza. Si tratta di una pellicola inventata le cui scene furono girate dal cast del film, ricalcando alcune delle scene principali della pellicola di Ejzenstejn (che invece dura circa 75 minuti).
Detto questo c'è da dire che è stupido etichettare un film come capolavoro perché parte della storia del cinema, così come apostrofarlo come noioso solo perché si tratta di un film muto. Un giudizio su un film è possibile solo dopo averlo visto, così come un giudizio su un libro è possibile solo dopo averlo letto.
Innanzitutto, specie per opere di questo tipo, bisogna considerare l'epoca nella quale è stata realizzata, quindi le possibilità e soprattutto i limiti tecnici. Il film è del 1925 e rievoca in maniera romanzesca i fatti della rivoluzione del 1905 svoltisi nella città di Odessa (in Ucraina), con protagonisti i marinai dell'equipaggio della Potemkin, che si ammutinarono dopo aver scoperto che le razioni di cibo che avevano ricevuto erano avariate. Nel clima di scontri di protesta che coinvolsero la città, si materializzò una dura repressione dall'esercito zarista, con l'equipaggio della Potemkin pronto ad ingaggiare una battaglia nelle acque di Odessa e gli equipaggi delle altri navi che si rifiutarono di combattere e aprirono loro una via di fuga.
Aldilà della storia, che ha soprattutto intenti celebrativi per il ventennale della prima rivolta al dispotismo zarista, quello che rende meritevole di menzione il film è soprattutto la regia di Ejzenstejn, che già si era distinto nella sua opera prima dell'anno precedente, Sciopero! (Stačka!), anche perché l'impianto del film è basato principalmente sulla sua capacità di dirigere gli attori (non professionisti) e creare le sequenze sceniche.

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Effetto notte,
Film
Comments: 0 | Views: 53Last Post by: Morris (19/1/2017, 15:08)
 

B_NORM    
view post Posted on 20/10/2016, 14:54 by: MorrisReply
il-giorno-degli-zombi
All'uscita di questo film, nel 1985, nelle intenzioni del regista George Romero doveva concludersi la trilogia dedicata agli zombi, che poi in effetti verrà seguita dopo vent'anni da una nuova serie di tre film. Ne Il giorno degli zombi si è perso quel senso di straordinarietà della situazione, perché, per quanto possa sembrare surreale, la realtà dell'invasione è ormai una routine. Non si vive più una situazione d'emergenza, ma un quotidiano organizzato in tutti i suoi aspetti. E in mezzo a questa organizzazione, fanno la comparsa i classici gruppi militari che ostacolano i protagonisti. Dopo il film dello sconcerto iniziale e quello delle prime organizzazioni di piccoli gruppi, questo è il film del contrasto tra i diversi modi di reagire ad una catastrofe. Da una parte chi tenta di spiegare il fenomeno e di cercare una soluzione integrativa, dall'altra chi invece cerca di salvaguardare il proprio interesse auspicando una soluzione finale per il problema. Qui per la prima volta c'è un'interazione tra le due parti in lotta che va aldilà del disgusto e dell'orrore. Il principio non è più quello di distruggere totalmente il nemico, ma si cerca un dialogo. E questo, che sarà il punto sul quale si svilupperanno i successivi film, risulta possibile. Gli zombi non sono più una massa informe spinta dall'istinto, ma possono ritornare in qualche modo umani.
La lotta è ormai impari, gli zombi hanno preso il sopravvento, inoltre ogni persona che muore diventa zombi a sua volta, per cui lo squilibrio è destinato ad aumentare. Per questo c'è la scelta di alcuni di cercare un punto d'incontro, di non vedere solo le differenze, ma di trovare le analogie con quelli che una volta erano umani e, per certi versi, possono esserlo ancora. Da contraltare a questo spirito di pace, la cieca volontà di supremazia, che impone la distruzione dell'altro, del mostro. Ma alla fine chi è il mostro tra lo zombi dagli atteggiamenti umani e l'uomo privo di qualsiasi scrupolo pur di perseguire il proprio interesse?
Il cambio di registro rispetto ai due film precedenti rappresenta il salto di qualità dell'universo raccontato: la realtà immaginata non è più lo specchio della società americana (ed occidentale in genere), ma della situazione mondiale che vive il periodo della guerra fredda, con una pace armata fatta di scaramucce tese ad avvantaggiarsi nei confronti del nemico, piuttosto che cercare un vero dialogo costruttivo.

Edited by Morris - 9/5/2018, 01:03

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Effetto notte,
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Comments: 8 | Views: 285Last Post by: Morris (3/11/2017, 01:36)
 

B_NORM    
view post Posted on 26/2/2015, 14:35 by: MorrisReply
il-vangelo-secondo-matteo
Nell'iconografia ufficiale, così come nelle statue e nei dipinti presenti nelle chiese, la figura di Gesù di Nazareth è molto simile a quella di Robert Powell, l'attore che impersonava la parte nello sceneggiato Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli del 1977. Volto emaciato, occhi azzurri, capelli lunghi color castano chiaro, questa è la figura più evocativa, nonostante l'apostolo Giovanni (Apocalisse 1, 14-15) ne dia tutt'altro ritratto: I capelli della testa erano candidi, simili a lana candida, come neve. Aveva gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo. Sicuramente la figura di Enrique Irazoqui, protagonista de Il vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, è più vicina a quella descrizione. Aldilà dell'aspetto fisico, il Gesù di Pasolini non è un predicatore trasognato con lo sguardo perso nel vuoto, ma è un vero arringatore di folle e fustigatore dei cattivi esempi, avversario di chi predica il bene senza applicarlo nella pratica e di chi giudica senza voler essere giudicato. Più che dalla beatitudine, questo Cristo sembra pervaso dalla volontà di compiere la propria missione sulla Terra, una figura polemica e combattiva nel suo scopo pedagogico. Efficace anche il movimento di macchina, che non segue la figura del Cristo parandosi di fronte a lui, ma ponendosi alle sue spalle, in mezzo ai discepoli. L'incipit è molto particolare, abbastanza inusuale per film del genere: ci si trova in medias res, con la prima scena che propone una giovanissima Maria (la cui età adolescenziale è accennata solo nei cosiddetti Vangeli apocrifi) di fronte ad un Giuseppe ormai avanti negli anni che rimane sconcertato al suo ritorno, quando ritrova la moglie incinta. Lo sgomento di Giuseppe è sia quello dello sposo fedele che si sente tradito che quello dello sposo che dovrebbe ripudiare la moglie contro la propria volontà. Da Maria nessuna parola, nessuna giustificazione, sarà la figura dell'angelo a fungere da deus ex machina, per svelare a Giuseppe il disegno divino. Particolare anche la scena finale, nella quale non c'è il ritorno di Gesù dopo la resurrezione, ma soltanto l'apertura della sua tomba e l'annuncio della sua resurrezione a Maria da parte dell'angelo, che richiama in qualche modo la scena iniziale, quasi a chiudere un circolo.
Altro carattere preminente di questa pellicola è l'accento che viene spostato dalla figura del Cristo, del martirio, della resurrezione, alla parola. È un Gesù che insegna quello di Pasolini, un maestro che indottrina i propri discepoli sulla parola di Dio, piuttosto che l'agnello sacrificale proposto nella stragrande maggioranza delle rappresentazioni.

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Comments: 0 | Views: 58Last Post by: Morris (26/2/2015, 14:35)
 

B_NORM    
view post Posted on 2/10/2014, 11:06 by: MorrisReply
fahrenheit-451
Fahrenheit 451 di François Truffaut, come l'omonimo romanzo di Ray Bradbury dal quale è tratto, ci presenta un futuro (rapportato all'epoca, il libro è del 1953, il film del 1966) possibile (o alternativo) di un mondo dal quale sono banditi i libri. La motivazione è tanto semplice quanto inquietante: i libri sono uno strumento di pensiero, aprono la mente dell'individuo, che ragiona aldilà di schemi prefissati, sfuggendo così al controllo. In tale mondo ad imperare è la televisione, grazie alla quale il potere esercita il controllo sui cittadini. Emblema di questo potere sono le programmazioni televisive, che sono l'unico punto di riferimento ad ogni livello per i cittadini, in particolare La grande famiglia, una sorta di recita collettiva mediante mezzo audiovisivo, che in qualche modo anticipa le moderne tecnologie, anche se nel film è soltanto un altro metodo di alienazione delle menti. Protagonisti di questa epoca sono i pompieri, il cui compito non è quello di spegnere gli incendi, ma di stanare chi nasconde dei libri, in modo da poterli distruggere con il fuoco. La caccia ai libri avviene perché secondo il potere essi non hanno nulla da dire e parlano di gente che non esiste, causando in chi li legge insoddisfazione e desiderio di una vita diversa. Per questo viene invece enfatizzato il potere mediatico della televisione, che induce i cittadini ad una sudditanza nei confronti del potere, che così riesce ad ottenere il pieno controllo. A sfuggire a questo schema sono poche sacche di resistenza, persone che si ostinano a conservare e a leggere dei libri, tenendoli nascosti e prendendosene cura come fossero il bene più prezioso. Tra questi spiccano gli uomini-libro (da notare che in latino liber, che significa anche libro, è l'aggettivo libero), comunità di persone disposte a tutto per di conservare il sapere contenuto nei libri, arrivando perfino ad impararli a memoria e ad assumere delle nuove personalità, prendendo i loro titoli come nome.
Ed è proprio uno dei nemici più acerrimi dei libri, un pompiere che crede fermamente nel dovere che è chiamato a compiere, che vive il processo di evoluzione e cambiamento che lo porta ad avvicinarsi ai libri. Spinto dalla curiosità, Montag legge il suo primo libro, David Copperfield di Charles Dickens, che lo induce a proseguire questa esperienza e lo porta ad essere sempre più avido di nuove letture. Il percorso che segue Montag lo porta a vedere la luce dentro il buio creato dalla società in cui vive, un buio del quale lui stesso era stato portatore fino ad allora.

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Comments: 0 | Views: 53Last Post by: Morris (2/10/2014, 11:06)
 

B_NORM    
view post Posted on 11/9/2014, 15:59 by: MorrisReply
i-cento-passi
I cento passi del titolo sono la distanza tra l'abitazione di Giuseppe Impastato e l'abitazione di Gaetano Badalamenti a Cinisi, paesino in provincia di Palermo. Giuseppe, da tutti chiamato Peppino, è un ragazzo che non si sottomette alla legge della mafia che governa a tutti gli effetti il suo paese natale. Quindi non perde occasione per denunciare le malefatte del boss locale, Gaetano Badalamenti, con il quale lo stesso padre di Peppino, Luigi, ha dei rapporti di amicizia. Tra le varie attività di Peppino contro la mafia (cineforum, manifestazioni, il giornalino L'idea socialista) spicca la creazione di Radio Aut, della quale lui stesso è il principale speaker e dove mette in scena una pungente satira sui mafiosi locali e i loro conniventi. La storia di Peppino si conclude, come spesso accade in questi casi, in maniera tragica: viene aggredito e fatto saltare in aria sui binari della ferrovia. La cosa più importante del film non è la storia, l'ambientazione o l'interpretazione dei personaggi, bensì il messaggio che viene comunicato, l'essenza di quello per cui Peppino aveva lottato ed è morto. Ovviamente non mancano gli orpelli e i ricami alla trama, ma sostanzialmente segue in maniera piuttosto fedele i fatti. L'interpretazione del cast (così come la regia) è decisamente magistrale, spiccano tra tutte le performances di Luigi Lo Cascio (Peppino Impastato) e Lucia Sardo (Felicia Impastato), che rendono al meglio la carica emotiva dei due personaggi da loro interpretati. Anche la colonna sonora (che vive in gran parte di canzoni dell'epoca, a cavallo tra gli anni '60 e gli anni '70) si inserisce nella trama a scandirne i passaggi più importanti: si passa da House of the rising sun degli Animals durante la genesi di Radio Aut alla struggente Summertime di Janis Joplin nella notte dell'agguato, senza scordare la theme song A whiter shade of pale dei Procol Harum, che ricorre più volte nel corso del film.

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Comments: 1 | Views: 89Last Post by: Kakashi (15/9/2014, 00:02)
 

B_NORM    
view post Posted on 21/6/2014, 16:29 by: MorrisReply
Nel corso degli articoli precedenti c'è stata l'analisi delle prospettive del documentario come documento storico, tenendo presente che oggi il documentario storico è soprattutto televisivo. L’avvento della televisione ha modificato, infatti, la realizzazione di filmati che si occupassero di storia. Trasmissioni televisive come La Grande Storia o Appuntamento con la Storia sono ormai entrate di pieno diritto nei palinsesti, e raggiungono percentuali di share invidiabili. Almeno in parte si è quindi realizzato il sogno di coloro che volevano usare il mezzo visivo a fini educativi e didattici. La storia del documentario è anche la storia dei cinegiornali o dei filmati di propaganda, ugualmente utili a scoprire la faccia ufficiale della storia. Si è visto come la propaganda possa falsare la realtà con filmati costruiti ad arte.
Anche il cinema di fiction può essere di valido aiuto a ricostruire la storia, ma soprattutto è evidente qual è in questo campo la maggiore forza del cinema: il potere evocativo. E questo dovrebbe essere il primo dei motivi per i quali un documentario debba essere considerato un documento storico. Ci sono alcune cose che i libri non possono spiegare appieno: dire per esempio che il fascismo aveva molto seguito in Italia non ha la stessa forza delle immagini di folla osannante ai discorsi del duce: l’impatto è molto più forte e completo.
Con l'avvento della trasmissione digitale, il mercato televisivo si è ampliato a dismisura: mentre prima un segnale analogico aveva bisogno di molta banda per poter trasmettere un canale, con il segnale digitale è possibile un notevole risparmio, che consente quindi una maggiore disponibilità di canali. Questo ha portato in gran parte alla nascita dei canali tematici, ossia canali dedicati esclusivamente ad un particolare tema. E il servizio pubblico ha, tra le altre cose, ampliato la sua offerta con la creazione del canale Rai storia. Questo canale, unico nel suo genere, offre una trasmissione 24 ore su 24 di documentari, film storici, trasmissioni di approfondimento sulla Storia. Certo, se da un lato c'è la possibilità di vedere storia in tv a qualsiasi ora, questo presenta anche un rovescio della medaglia: con un canale interamente dedicato, la Storia è praticamente scomparsa dai palinsesti degli altri canali, cosa che ha in qualche modo contribuito alla perdita di successo dei programmi che erano stati lanciati inizialmente sulle reti principali. In ogni caso il canale è uno strumento importantissimo, dato che offre, unitamente all'offerta web della Rai, una possibilità pressoché infinita di indagine all'interno degli archivi della televisione di stato, che raccolgono peraltro anche i vecchi filmati del Luce e della Settimana Incom.

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Il documentario: un documento storico
Comments: 0 | Views: 57Last Post by: Morris (21/6/2014, 16:29)
 

B_NORM    
view post Posted on 19/6/2014, 14:15 by: MorrisReply
Nell’immediato secondo dopoguerra, il cinema italiano è privo dei più elementari mezzi tecnici, eppure vive il suo momento di massimo splendore. Quel tipo di cinema che viene definito Neorealismo, nasce dalla scelta di girare i film non più nei teatri di posa, ma per le strade, facendo muovere personaggi verosimili (con attori presi dalla strada) nella realtà incredibile che viveva l’Italia. Nascono così capolavori come Roma città aperta, Paisà, Ladri di biciclette, Sciuscià. Questi film, nonostante nascano come fiction hanno il loro valore storico: essi rappresentano infatti il vissuto di un popolo uscito sconfitto da una guerra, ma che ha conservato la sua dignità anche nei momenti più difficili. Sceneggiatori e registi come Cesare Zavattini, Sergio Amidei, Federico Fellini, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica documentano la storia della rinascita del paese, partendo dalle trasformazioni in atto nella società. L’impatto più forte è però quello evocativo: Roma città aperta e Germania anno zero trasportano lo spettatore nella realtà della Roma e della Berlino di quegli anni meglio di quanto possano fare le parole.
Lo stesso discorso può valere per film come ‘O sole mio di Giacomo Gentilomo e Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy. Questi due film, il primo del 1945, a guerra appena terminata, e il secondo del 1962, sono le uniche testimonianze visive che riguardano quel particolare episodio della Resistenza. Dal film di Gentilomo furono estratte delle sequenze per inserirle nei documentari sulle quattro giornate, dato che le immagini erano delle riproduzioni di scene vissute poco tempo prima dagli stessi protagonisti. La genesi del film di Loy è chiaramente differente, visto che fu girato a quasi vent’anni dai fatti, ma ciononostante anch’esso presenta dei caratteri di documento, visto che si basa su ricostruzioni di episodi reali, vissuti da personaggi poco caratterizzati, onde non disperdere la coralità di un avvenimento che non vide protagonisti principali, ma vide come protagonista unico il popolo napoletano nel suo insieme. Anche Roberto Rossellini, l’iniziatore del Neorealismo, si dedica negli anni ’60 alla ricerca storica. Il risultato migliore della sua opera è La prise du pouvoir par Louis XIV, una ricostruzione storica in costume realizzata per la televisione francese.

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Il documentario: un documento storico
Comments: 0 | Views: 52Last Post by: Morris (19/6/2014, 14:15)
 

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