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20/3 16:26: Morris in Guestbook
8/11 12:05: Morris in Nove anni insieme
8/10 13:58: Morris in Alla ricerca della balena bianca



B_NORM    
view post Posted on 20/3/2020, 16:14 by: MorrisReply

Questo articolo parla di cose che sono (o dovrebbero essere)
note a tutti e non contiene nomi. Il perché è spiegato alla fine.


Per ingannar la bestia

Per ingannar la bestia, disegno di copertina della rivista
satirica L'Asino del 13 ottobre 1895, che rappresenta
una caricatura di Francesco Crispi

La vignetta a fianco racconta come già a quell'epoca fosse molto importante una rappresentazione della realtà quanto più edulcorata possibile per il popolo da parte dei governanti. Con la sempre maggiore alfabetizzazione ed una maggiore possibilità per tutti di informarsi, il primo bisogno di chi governa (o comunque di chi aspira a farlo) è quello di controllare i mezzi d'informazione. Esemplare a questo riguardo una citazione dal film del 1941 Quarto potere di Orson Welles:

Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un'autorità su come far pensare la gente. Ci sono i giornali per esempio, sono proprietario di molti giornali da New York a San Francisco.

Nell'epoca delle dittature di stampo fascista in Italia, Germania e Spagna una parte considerevole ricopriva la propaganda, che in sostanza comprendeva anche il controllo dell'informazione. Non che la situazione fosse diversa nei regimi dell'Europa orientale o asiatici, o anche in molte democrazie occidentali. In sostanza, il controllo dell'informazione è sempre stato una potente arma nelle mani di chi detiene il potere.
Con la nascita di grandi gruppi privati dell'informazione si è avuta un'evoluzione a due facce: da una parte un'informazione davvero libera, perché non legata a doppio filo al potere, dall'altra un'informazione manipolabile a proprio uso e consumo. La nascita delle televisioni private poi ha offerto la possibilità di creare dei piccoli macchinari di propaganda al comando di un determinato padrone. Tanto più che ad un certo punto la politica ha smesso di animare le piazze, preferendo i dibattiti delle tribune o dei talk-show in televisione. Con un indubbio vantaggio di chi poteva giovarsi di mezzi propri per tirare maggiore acqua al proprio mulino.
Con l'avvento dei social invece, la problematica si è in un certo senso appiattita. Perché se in pochi potevano permettersi un proprio network televisivo, a tutti è possibile interagire direttamente con il pubblico mediante le diverse reti sociali. Ma il loro potere non è stato subito colto, perché magari a molti faceva paura il confronto diretto, c'era forse troppa impreparazione nell'accesso all'elettorato senza il filtro di un mezzo a senso unico. Con i social si parla all'elettorato, ma succede anche il contrario. E non tutti sono stati pronti. Per questo inizialmente i social venivano usati (e vengono usati tuttora) come delle bacheche virtuali per segnalare appuntamenti o per pubblicare dei veri e propri comunicati.

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Comments: 0 | Views: 101Last Post by: Morris (20/3/2020, 16:14)
 

B_NORM    
view post Posted on 5/3/2020, 11:39 by: MorrisReply
referendum
Tra poco più di tre settimane, gli italiani saranno chiamati ad una decisione importante, per non dire epocale. Il tutto nell'assordante silenzio dei media, giustificato in parte dalla situazione critica che l'epidemia di coronavirus sta causando nel nostro paese. Eppure l'appuntamento con il referendum del 29 marzo rappresenta una chiave di volta della nostra democrazia, perché chiama i cittadini ad esprimersi su una legge di modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione.
Nella fattispecie, la legge di modifica costituzionale riduce il numero dei deputati da 630 a 400, di cui 8 eletti nella Circoscrizione Estero anziché 12, riduce il numero dei senatori da 315 a 200, di cui 4 eletti nella Circoscrizione Estero anziché 6. Viene modificato inoltre l'articolo 59, che sancisce la possibilità per il Presidente della Repubblica di "nominare senatori a vita cinque cittadini" e che ha sempre posto il problema se il limite costituzionale di cinque senatori a vita fosse da intendersi come limite massimo di senatori a vita presenti in Senato oppure come limite massimo di nomine a disposizione di ciascun presidente. Soltanto i presidenti Pertini e Cossiga hanno seguito la seconda interpretazione, mentre la prima è stata seguita dagli altri presidenti ed è quella specificata nella legge di riforma costituzionale.
La spinta propulsiva di questa legge è stata la lotta alla casta, come se una classe dirigente liberamente eletta fosse paragonabile ad una classe sociale chiusa tipica di alcune nazioni dell'estremo oriente. In realtà alla presunta casta una modifica del genere farebbe decisamente comodo, dato che di fatto già il potere decisionale dell'elettorato è estremamente depauperato dalle leggi elettorali che si sono susseguite dal cosiddetto Porcellum in poi, visto che è stata tolta la possibilità di indicare la propria preferenza tra i candidati. Una deriva oligarchica, quale in effetti è questa modifica, consentirebbe ad i vari capi dei partiti di stilare le proprie liste elettorali con maggiore attenzione ai candidati, premiando i fedelissimi e soprattutto garantendo un controllo maggiore dei propri senatori e dei propri deputati. Senza contare che per l'elettorato si tratterebbe di una minore rappresentatività e soprattutto di una più difficile ascesa ai seggi del Parlamento, i cui rappresentanti diventerebbero a questo punto più casta di quanto siano adesso.

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Comments: 0 | Views: 107Last Post by: Morris (5/3/2020, 11:39)
 

B_NORM    
view post Posted on 2/12/2019, 16:40 by: MorrisReply
sardine
Da qualche settimana l'Italia è attraversata da un fenomeno che rappresenta una novità, per quanto sia uno dei più antichi sistemi di aggregazione: le manifestazioni di piazza. Ad animare queste manifestazioni è un movimento che ha preso il nome di sardine. In realtà non si tratta di un vero e proprio movimento tout court, visto che non ha una sua organizzazione specifica, ma nasce dall'adesione spontanea delle persone nelle varie città. Nata come una manifestazione contro la politica del leader della Lega Matteo Salvini e della destra italiana in generale, le sardine hanno lo scopo di dare voce a quella che si potrebbe interpretare come maggioranza silenziosa, che intende porre l'accento sui toni da campagna elettorale perpetua che la politica italiana ha assunto ormai da diversi anni.
Si tratta chiaramente di una piazza di sinistra (o di centrosinistra se vogliamo), visto che contesta le politiche populiste e sovraniste della destra italiana. Ed è per questo che le sardine vengono attaccate duramente da quel lato e vengono invece accolte con entusiasmo dall'ala sinistra del Parlamento. C'è però un piccolo particolare non proprio trascurabile sulla vicenda: queste piazze di sinistra che riempiono le nostre città non sono animate dall'elettorato di sinistra, anzi. Il movimento spontaneo è nato sì contro le politiche di una destra che vira sempre di più verso posizioni estreme (i moderati di centrodestra sono ridotti al lumicino), ma soprattutto come monito per la sinistra italiana, una sorta di invito a tornare ad essere la parte progressista della politica italiana, senza fare il verso alle politiche dei moderati per pescare dal comune bacino elettorale al centro.
Qualcosa di simile è già successo negli anni scorsi, anche se in maniere differenti e con risultati assolutamente diversi. Il movimento dei girotondi dei primi anni 2000 nacque per esigenze simili, per contrastare le politiche dell'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e per invitare la sinistra italiana a tornare a dire cose di sinistra, come esortava il leader ed ideatore del movimento Nanni Moretti già nel suo film del 1998 Aprile. Ad animare i girotondi erano però persone che si riconoscevano elettori di centrosinistra e che volevano più che altro fare da sprone ai partiti di riferimento, tant'è che il movimento si esaurì nel giro di un anno.
Qualche anno dopo un movimento simile nasce sulla rete, per poi trasferirsi nelle piazze con i celebri V-day, per iniziativa del comico Beppe Grillo, anche se in quel caso la distanza tra il centrosinistra ed il movimento è molto marcata, anche perché i toni usati sono molto meno soft rispetto ai girotondi (la V stava proprio per vaffanculo). Nonostante tutto il movimento nasce con gli stessi intenti, ma è la reazione degli esponenti dell'allora nascente Partito Democratico a creare una grande frattura. Le piazze di Grillo non erano ben viste dai dirigenti della sinistra italiana ed allo stesso leader non fu consentito di partecipare alle primarie come candidato segretario del Partito Democratico. Emblematico l'invito del dirigente PD Piero Fassino a fondare un nuovo partito, cosa che avverrà di lì a poco con la nascita del MoVimento 5 Stelle (e la V maiuscola è messa lì proprio per ricordare da dove si era partiti).

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Comments: 0 | Views: 78Last Post by: Morris (2/12/2019, 16:40)
 

B_NORM    
view post Posted on 20/9/2019, 15:33 by: MorrisReply
white-whale
In quella che giornalisticamente parlando viene definita la Prima Repubblica, balena bianca era il soprannome del partito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana, che ha guidato i governi dal 1946 al 1992 (anno in cui venne travolta dall'inchiesta Tangentopoli, che ne sancì di fatto la fine). Nel corso del tempo si sono susseguiti governi monocolore o alleanze con le forze moderate sia di destra che di sinistra, ma nei fatti la DC ha mantenuto il potere ininterrottamente per 46 anni, anche nei quattro anni in cui alla guida di due governi fu il socialista Bettino Craxi. Con la dissoluzione di quel grande partito di massa capace di raccogliere ben oltre un terzo dell'elettorato, complice anche il cambio di sistema elettorale con il passaggio al maggioritario, lo schema si è assestato su un bipolarismo che ha anche sfavorito la rinascita di un grande centro capace di fare l'ago della bilancia, con la nascita di tante piccole formazioni che si aggregavano di volta in volta alla coalizione di centrosinistra o a quella di centrodestra. Il cambio di sistema elettorale del 2005, con ritorno al proporzionale, ha comportato di fatto la fine del bipolarismo, ha favorito l'ascesa del Movimento 5 stelle che si è attestato come terzo polo, ed ha creato una situazione di sostanziale ingovernabilità, dal momento che dai risultati delle urne non è mai uscito un vincitore assoluto, ma si è dovuti ricorrere sempre ad alleanze di legislatura.
Nel contesto attuale ci troviamo con una formazione di sinistra sostanzialmente ridotta all'osso a causa dell'estrema frammentazione; un partito di centrosinistra, il Partito Democratico, ai minimi storici in termini di consensi e di popolarità; il Movimento 5 stelle che ha dissipato in un anno e mezzo il grande consenso ottenuto alle ultime elezioni; un partito di centrodestra, Forza Italia, ridotto quasi al lumicino e con diversi progetti di scissione in fieri; la Lega, che da movimento regionalista si è riscoperta ultranazionalista e xenofoba; un partito di destra, Fratelli d'Italia, che in parte cerca di seguire le orme dell'ascesa leghista su temi caldi quali l'immigrazione e la sicurezza ed in parte si richiama ai connotati storici delle formazioni di destra del passato.
In questo contesto si inserisce il nuovo movimento creato da Matteo Renzi, ex segretario del PD, che con il suo Italia Viva cerca in qualche modo di raggruppare le formazioni di centro per cercare di creare un grosso punto di riferimento in mezzo che, almeno nelle intenzioni iniziali, guardi ad un'eventuale alleanza con le forze alla sua sinistra.

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Comments: 2 | Views: 158Last Post by: Morris (8/10/2019, 13:58)
 

B_NORM    
view post Posted on 5/10/2016, 13:27 by: MorrisReply
Il prossimo 4 dicembre si apriranno le urne per un nuovo referendum, che, senza voler nulla togliere agli ultimi quesiti proposti (che non hanno raggiunto il quorum), si profila come uno dei più importanti della nostra storia repubblicana. Prima di analizzare il significato del voto, sarebbe opportuno fare qualche appunto, specificando in primo luogo cosa questo referendum non è. Il referendum non è un plebiscito in favore (o contro, fate voi) dell'attuale governo, la cui vita non dipende automaticamente dal risultato. Nonostante il Presidente del Consiglio abbia in passato dichiarato che una vittoria del NO avrebbe posto fine al suo governo, può tranquillamente rimangiarsi tutto, accollandosi le conseguenze politiche. Il quesito non riguarda inoltre in alcun punto la nuova legge elettorale denominata Italicum, con la quale voteremo alle prossime politiche se prima di allora non verrà modificata o dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale.
Il disegno di legge Renzi-Boschi prevede disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
Per quanto possa sembrare un po' lungo e corra il rischio di diventare un muro di testo, trovo tuttavia essenziale analizzare singolarmente i diversi articoli di questa legge. Prima di farlo, penso sia naturale un'analisi tout court del quesito, che in sostanza chiede di ratificare o meno questa legge di modifica costituzionale. Come un po' tutte le cose, anche questa legge ha degli aspetti positivi e degli aspetti negativi.
Tra gli aspetti positivi sono sicuramente le modifiche apportate al quorum dei referendum e al quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica. Nel primo caso è un modo per superare la beffa in cui si risolvono negli ultimi anni i quesiti, con i fautori del NO che cavalcano l'astensione per avocare a sé anche il non voto dei disinteressati. In tal modo tutti gli interessati sarebbero costretti ad esprimere il proprio SI o il proprio NO. L'elezione del Presidente della Repubblica con una maggioranza più qualificata potrebbe portare a convergere su nomi che riescano ad unire maggiormente le fazioni in campo, portando all'elezione di un arbitro che sappia essere terzo in tutte le situazioni.
Aspetti positivi sono anche l'abolizione del CNEL e delle Province, il primo perché rivelatosi negli anni un ente pressoché inutile, le seconde perché frutto di un equivoco giuridico. Nonostante storicamente (e non solo in riferimento alla Repubblica ed al Regno d'Italia, ma anche ai regni indipendenti precedenti) le province siano la divisione amministrativa tipica dell'Italia, con la costituzione delle regioni nel 1970, tale istituto andava soppresso. Non si sa bene perché (o forse lo si sa troppo bene), ma questo non è avvenuto in un primo momento per rendere il passaggio amministrativo più dolce. In seguito poi non si è mai provveduto alla cancellazione dell'ente superfluo perché bacino di favori clientelari. Sostanzialmente essendoci già le regioni è assolutamente inutile avere anche le province.
Si riducesse a questo, il quesito sarebbe una delle migliori leggi degli ultimi decenni, da votare assolutamente. Purtroppo c'è un grosso MA. In primo luogo sembra una riscrittura della cosiddetta legge Lorenzago del 2006, una sorta di ampliamento della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (confermata con il referendum costituzionale del 7 ottobre 2001), che intendeva convertire l'Italia in una vera e propria repubblica federale sul modello tedesco. In quel caso il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno 2006 ha bocciato la legge. Questa volta la legge mantiene un profilo più basso, andando ad intaccare soltanto le due camere, depauperando in sostanza il Senato delle sue attuali funzioni. Il nostro bicameralismo perfetto è figlio di un'Italia uscita da una guerra e da una dittatura che hanno devastato il paese. I padri costituenti hanno perciò ritenuto necessario creare un equilibrio di poteri tra legislativo, esecutivo e giudiziario che scongiurasse il pericolo di un ritorno al passato. La riforma di fatto consegna il potere legislativo nelle mani dell'esecutivo, che, complice il nuovo sistema elettorale, garantisce al governo una maggioranza solidissima. Il sistema del bicameralismo perfetto viene superato inseguendo una riforma federale che non fa al caso delle divisioni amministrative del nostro paese, dal momento che le autonomie delle regioni non sono equiparabili a quelle di stati federati. Inoltre viene impoverita la rappresentanza elettorale, mascherandola da risparmio, mentre la cosa più naturale sarebbe non diminuire il numero dei parlamentari, ma piuttosto diminuire i loro emolumenti, dal momento che anche il 50% del loro attuale stipendio è in grado di garantire un tenore di vita più che dignitoso. Senza contare che già il sistema elettorale di fatto impone di scegliere solo le liste e non i candidati, con la nuova legge al Senato non si voterebbe affatto, poiché a votare sarebbero i consiglieri regionali.
Nonostante i tanti aspetti positivi che la legge potrebbe avere (e che potevano benissimo essere scorporati e allestiti in una legge apposita), io ritengo che la cosa più naturale e sensata sia votare NO a questo quesito referendario. Ed è un NO che prescinde la fazione politica di appartenenza, che nasce nel merito della questione e non risponde al gioco di chi cavalca un facile populismo. Io voto NO perché penso che sia giusto preservare le istituzioni da modifiche dannose e perché il bene della Repubblica viene prima di qualsiasi cosa, anche degli interessi di partito e di credo politico.

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Comments: 7 | Views: 161Last Post by: kostaki (16/12/2016, 21:40)
 

B_NORM    
view post Posted on 3/2/2015, 17:01 by: MorrisReply
In questi giorni, in cui il dibattito politico si è incentrato molto sull'elezione del Presidente della Repubblica, ho avuto modo di notare quanto sia diffusa l'ignoranza a riguardo non solo tra la gente comune, ma addirittura tra la classe politica, nella quale molti esponenti non sono stati in grado di elencare i presidenti della Repubblica. Eppure non dovrebbe essere complicato, dato che la nostra storia repubblicana è piuttosto recente, specie se paragonata a quella degli Stati Uniti d'America.
Il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune, nel quale i deputati, i senatori e 58 delegati regionali (tre per ogni regione, uno per la Valle d'Aosta) votano con scrutinio segreto. Nei primi tre scrutini sono richiesti per l'elezione i due terzi dei voti dell'assemblea, mentre a partire dal quarto scrutinio viene eletto chi ottiene la maggioranza assoluta dei voti. La carica dura sette anni e non è soggetta ad alcuna crisi, il Presidente decade al termine del mandato, in caso di dimissioni volontarie oppure nel caso in cui venga accusato di alto tradimento o di attentato alla Costituzione e dichiarato destituito con un voto del Parlamento. Il Presidente della Repubblica ha il potere di ricevere funzionari diplomatici e può ratificare trattati e dichiarare lo stato di guerra con il consenso delle Camere. Può nominare fino a cinque senatori a vita, anche se la Costituzione non chiarisce se può nominarne cinque durante il mandato oppure se cinque è il limite di senatori a vita presenti nel Parlamento; alla fine del proprio mandato, in base all'articolo 59 della Costituzione diviene senatore a vita di diritto. Fatta eccezione per l'ultimo semestre del mandato (detto semestre bianco), il Presidente ha la facoltà di sciogliere le camere e di indire nuove elezioni. Dopo aver consultato i vari gruppi parlamentari di Camera e Senato, nomina il Presidente del Consiglio, su indicazione del quale nomina i vari ministri, che devono poi giurare sulla Costituzione in sua presenza. Il Presidente della Repubblica promulga le leggi approvate in Parlamento, con la facoltà di rinvio alle Camere con una richiesta di modifica, che però non può essere applicata se una legge viene approvata nuovamente. Ha il potere di emanare decreti del Governo ed indice i referendum. Il presidente presiede il Consiglio supremo di difesa, composto dal Presidente del Consiglio, il Ministro degli Esteri, il Ministro della Difesa, il Ministro dell'Interno, il Ministro dell'Economia, il Ministro dello Sviluppo Economico e il Capo di Stato Maggiore della Difesa; e il Consiglio Superiore della Magistratura, governo autonomo della magistratura. È il capo supremo delle forze armate ed ha il potere di concedere la grazia ad un condannato, inoltre conferisce le onorificenze della Repubblica.

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Comments: 0 | Views: 73Last Post by: Morris (3/2/2015, 17:01)
 

B_NORM    
view post Posted on 9/7/2014, 11:37 by: MorrisReply

Uno spettro si aggira per l'Europa: è lo spettro del comunismo.


Con queste parole, datate 1848, si può determinare la nascita del comunismo. Il comunismo è morto! Quante volte ho ascoltato questa frase con ilarità? Quale comunismo è morto? Quello di Stalin? Personalmente non credo che il dittatore Josif Stalin possa essere identificato come comunista solo perché si dichiarava tale. Ognuno è un certo tipo di persona o non lo è affatto secondo le sue azioni. Le azioni di Stalin di certo non fanno pensare a quelle di un seguace di Marx, in quanto la dittatura del singolo non è per quest'ultimo una forma di stato giusta, ma del tutto deleteria per il popolo. Totalmente campata in aria è quindi l'affermazione succitata. In ogni caso, anche se Stalin fosse stato comunista e il suo Stato fosse crollato, l'idea del comunismo non sarebbe di certo morta. Un ideale nasce da un uomo e muore solo quando più nessuno lo propugna. Finché ci saranno comunisti, l'ideale del comunismo vivrà. Oggi il comunismo è tante cose: per alcuni un ideale in cui credere e per cui combattere fino alla morte; per altri un movimento filosofico sviluppatosi nell'ottocento; per altri ancora il comunismo è qualcosa come la Coca Cola, una sorta di brand di moda, un modo di vivere e non di pensare.
Ma il vero quesito non è cos'è il comunismo oggi? ma che cosa significa essere comunisti oggi? Cosa significa essere giudicati comunisti in un mondo in cui ciascuno cerca di apparire in maniera differente dalla sua vera essenza, un mondo in cui si arriva a rinnegare le proprie origini, cercando di sembrare migliori e seguendo false morali. Ogni falsa morale è come un letto di Procuste1 scriveva Friedrich Wilhelm Nietzsche ne Il crepuscolo degli idoli. Ed è proprio nel letto di Procuste che finiscono coloro che si fanno guidare da una morale falsa, soprattutto se religiosa. Oggi vediamo politici che prostituiscono i propri ideali per ottenere una poltrona. Oggi i comunisti si alleano con i cattolici per vincere le elezioni. Da questo punto di vista si può dire che il comunismo è morto, tradito nei modi più abietti per il potere. Oppure molto più squallidamente gli ideali vengono traditi, così come i propri sogni e le proprie ambizioni, per il fascino del denaro. Nella dottrina comunista non c'è né l'uno né l'altro. Ma cosa è diventato il comunismo oggi? È qualcosa di astratto ed indefinibile, un ostacolo per gli interessi economici dei potenti, non più una dottrina materialista come quella esposta da Karl Marx. Perché l'uomo moderno cerca la felicità nel denaro e nel potere, credendo che una volta ottenutili, anche a costo di calpestare gli altri, si sia raggiunta la felicità.

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Comments: 0 | Views: 75Last Post by: Morris (9/7/2014, 11:37)
 

B_NORM    
view post Posted on 26/2/2013, 12:23 by: MorrisReply
referendum
Dopo una notte a seguire dati e sondaggi contraddittori, arriva sempre il giorno successivo alle elezioni politiche. Ed è il giorno delle rivendicazioni. In particolare è il giorno in cui (quasi) tutti sono contenti. Nel centrosinistra c'è la convinzione di aver vinto perché si è preso qualche migliaio di voti in più e si ha la maggioranza alla Camera e la maggioranza relativa al Senato (dato non ancora definitivo, bisogna aspettare i risultati della circoscrizione Estero). Nel centrodestra si ha la convinzione di aver vinto, perché non si è perso: contro ogni pronostico (anche il più favorevole) si è arrivati quasi alla pari, ottenendo il risultato insperato di impedire la costituzione di una maggioranza di governo. Nel centro non si pensa di aver vinto (e sarebbe quantomeno assurdo il contrario), ma c'è grande soddisfazione per il risultato ottenuto. In realtà per i tre poli classici c'è ben poco da festeggiare: il centrosinistra ottiene una vittoria di Pirro che non consente nemmeno di provare un governo con numeri ristretti come il Prodi II, perde una buona fetta di voti (3 milioni e mezzo) rispetto alle elezioni (peraltro perse) del 2008 e perde buona parte della percentuale che i sondaggi gli assegnavano. Il centrodestra rispetto ai sondaggi di un anno fa ha recuperato molto, ma il risultato è quello del quale veniva accreditato un mese fa, sicuramente un grande recupero, ma rispetto a cinque anni fa ha perso 5 milioni di voti. Il centro veniva accreditato di un 12-14%, in realtà il risultato è stato più modesto, rispetto al solo UDC di cinque anni fa i voti sono 1,5 milioni in più, stessa cifra di voti che il partito di Casini perde in favore della lista civica per Monti. A questo aggiungasi che Fini e il suo partito escono dal Parlamento, conservando un senatore solo grazie alla scelta di comporre una lista unica per il Senato. Sicuramente perdenti sono i vari Ingroia e Giannino, che sono rimasti esclusi dal Parlamento, e sicuramente vincenti sono i "grillini" del Movimento 5 Stelle, che hanno conseguito un risultato ben aldilà delle aspettative. Chiarito questo però, il punto focale è un altro: i vincitori o presunti tali hanno davvero la possibilità di gioire della loro affermazione? Se non c'è possibilità di creare una maggioranza, a nulla serve che il centrosinistra abbia preso più voti o che il M5S abbia ottenuto un numero di parlamentari così ampio. La prospettiva di un ritorno al voto è al momento la più probabile. A quel punto sarebbe proprio la lista di Grillo ad essere la favorita per la vittoria, ma la prova del governo potrebbe smantellare poi definitivamente il movimento.

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Comments: 0 | Views: 69Last Post by: Morris (26/2/2013, 12:23)
 

B_NORM    
view post Posted on 17/2/2013, 19:27 by: MorrisReply
bla
Nell’ultimo periodo abbiamo vissuto un clima tipico da campagna elettorale, anche se, grazie alla kermesse musicale di Sanremo, abbiamo potuto godere di un “momento di pausa”. Nonostante ormai sia abbastanza una prassi il clima infuocato che regna tra le parti politiche, è sempre sconvolgente assistere alle campagne elettorali italiane, specie in questo periodo storico, nel quale, complice la globalizzazione, siamo abituati a seguire anche quelle estere. Più cose saltano all’occhio: una costante aggressione verbale nei confronti degli avversari, con tentativi di denigrazione, che, se pur presenti anche nelle altre democrazie, in Italia raggiungono livelli inaccettabili, fino a sfociare nella volgarità. Teoricamente in una campagna elettorale si dovrebbero presentare i propri programmi politici ai cittadini, cercando di convincerli ad assegnare il loro voto alla propria fazione. Invece no, assistiamo ad una sequela di insulti, una rissa da bar (e in qualche raro caso si alzano addirittura le mani o si passa a vere e proprie minacce), l’unico motivo per il quale i cittadini dovrebbero assegnare il voto ad uno è perché è meglio (o meno peggio) degli altri. Le elezioni dovrebbero per forza di cose essere il momento di maggior contatto tra politici e cittadini, anche solo per una questione di forma, ma invece no, nel nostro paese non è così, o almeno non è più così. Una ragione fondamentale è da ricercare nel nostro sistema elettorale, grazie al quale in sostanza i cittadini delegano ai capi di partito il compito di scegliere i propri rappresentanti. In questo modo il candidato non è più legato agli elettori, ma al proprio referente che lo ha inserito nella lista. Ed è quindi naturale che a lui tenda a rivolgere le proprie attenzioni e a rispondere del proprio operato. Per questo motivo non esiste più una campagna elettorale vissuta sul territorio, la battaglia è in larghissima parte mediatica, la scena diviene un’esclusiva dei dirigenti di partito o degli esponenti di spicco delle varie coalizioni. Sempre più rari i comizi in piazza, che sono limitati ad eventi particolari che si svolgono nelle grandi città, dove comunque a salire alla ribalta sono in ogni caso i vari leader. Un’eccezione a questa regola sembra essere il Movimento 5 Stelle, che è l’unico ad occupare le piazze piuttosto che le tribune politiche. Purtroppo però questo non è un vero merito, più che altro è un limite del movimento stesso: nei vari comizi che vengono organizzati la voce è sempre e solo quella di Beppe Grillo, che si pone un po’ come un guru e un po’ come un profeta. Se vieta ai suoi candidati di partecipare alle trasmissioni tv è solo per il fondato timore che si facciano mettere in trappola dai vari leader ormai avvezzi allo strumento televisivo, del quale sono diventati con il tempo dei veri esperti.

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Comments: 7 | Views: 205Last Post by: LordAndrew (24/6/2015, 14:03)
 

B_NORM    
view post Posted on 7/2/2013, 17:37 by: MorrisReply
gattopardo
Tra qualche settimana gli italiani si ritroveranno di nuove alle urne per eleggere i propri rappresentanti al parlamento per la XVIIª legislatura repubblicana. Una legislatura dal doppiamente importante, in quanto prevede anche l’elezione del presidente della Repubblica. Nonostante i vari proclama che si sono registrati da più parti dello scacchiere politico, si torna a votare con l’invisa legge elettorale (La legge n. 270 del 21 dicembre 2005) voluta fortemente dal governo Berlusconi III e ideata dall’allora ministro delle riforme Roberto Calderoli (che la definì in seguito una porcata). A nessuno piaceva una legge elettorale che priva di fatto gli elettori della possibilità di scegliere i candidati, lasciando questo ingrato compito ai vari capi di partito. Per riassumere brevemente, si tratta di una legge proporzionale senza voti di preferenza (i voti vanno alle liste, vengono eletti i candidati inseriti nelle liste elettorali seguendo le graduatorie) che prevede diverse quote di sbarramento, cioè delle percentuali minime da raggiungere per ottenere dei seggi. Alla Camera dei deputati lo sbarramento previsto per le liste è del 4% su base nazionale, mentre alle liste inserite in una coalizione che ottiene più del 10% basta superare la soglia del 2%. Al Senato lo sbarramento previsto è dell’8% su base regionale, mentre alle liste inserite in una coalizione che ottiene più del 20% basta superare la soglia del 3%. Un ulteriore paletto è previsto per le coalizioni di più liste, che devono superare la soglia del 10% per ottenere dei seggi, a prescindere dalle percentuali delle singole liste che le compongono. Un cavillo permette alla prima esclusa di ogni coalizione (ovvero la lista che prende più voti tra quelle che non superano lo sbarramento) di essere ripescata ed ottenere quindi dei seggi. Altra peculiarità di questa legge è il cosiddetto premio di maggioranza spettante alla lista o coalizione che ottiene il maggior numero di voti. Alla Camera il premio va alla coalizione vincente su scala nazionale, che ottiene così la maggioranza assoluta dei deputati, mentre al Senato il premio viene assegnato in ogni singola regione, limitatamente ai senatori che ogni regione elegge. Esauriti questi particolari squisitamente tecnici, si può dare uno sguardo ai contendenti.

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Comments: 0 | Views: 117Last Post by: Morris (7/2/2013, 17:37)
 

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