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| Nell’ultimo periodo abbiamo vissuto un clima tipico da campagna elettorale, anche se, grazie alla kermesse musicale di Sanremo, abbiamo potuto godere di un “momento di pausa”. Nonostante ormai sia abbastanza una prassi il clima infuocato che regna tra le parti politiche, è sempre sconvolgente assistere alle campagne elettorali italiane, specie in questo periodo storico, nel quale, complice la globalizzazione, siamo abituati a seguire anche quelle estere. Più cose saltano all’occhio: una costante aggressione verbale nei confronti degli avversari, con tentativi di denigrazione, che, se pur presenti anche nelle altre democrazie, in Italia raggiungono livelli inaccettabili, fino a sfociare nella volgarità. Teoricamente in una campagna elettorale si dovrebbero presentare i propri programmi politici ai cittadini, cercando di convincerli ad assegnare il loro voto alla propria fazione. Invece no, assistiamo ad una sequela di insulti, una rissa da bar (e in qualche raro caso si alzano addirittura le mani o si passa a vere e proprie minacce), l’unico motivo per il quale i cittadini dovrebbero assegnare il voto ad uno è perché è meglio (o meno peggio) degli altri. Le elezioni dovrebbero per forza di cose essere il momento di maggior contatto tra politici e cittadini, anche solo per una questione di forma, ma invece no, nel nostro paese non è così, o almeno non è più così. Una ragione fondamentale è da ricercare nel nostro sistema elettorale, grazie al quale in sostanza i cittadini delegano ai capi di partito il compito di scegliere i propri rappresentanti. In questo modo il candidato non è più legato agli elettori, ma al proprio referente che lo ha inserito nella lista. Ed è quindi naturale che a lui tenda a rivolgere le proprie attenzioni e a rispondere del proprio operato. Per questo motivo non esiste più una campagna elettorale vissuta sul territorio, la battaglia è in larghissima parte mediatica, la scena diviene un’esclusiva dei dirigenti di partito o degli esponenti di spicco delle varie coalizioni. Sempre più rari i comizi in piazza, che sono limitati ad eventi particolari che si svolgono nelle grandi città, dove comunque a salire alla ribalta sono in ogni caso i vari leader. Un’eccezione a questa regola sembra essere il Movimento 5 Stelle, che è l’unico ad occupare le piazze piuttosto che le tribune politiche. Purtroppo però questo non è un vero merito, più che altro è un limite del movimento stesso: nei vari comizi che vengono organizzati la voce è sempre e solo quella di Beppe Grillo, che si pone un po’ come un guru e un po’ come un profeta. Se vieta ai suoi candidati di partecipare alle trasmissioni tv è solo per il fondato timore che si facciano mettere in trappola dai vari leader ormai avvezzi allo strumento televisivo, del quale sono diventati con il tempo dei veri esperti. Read the whole post...
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